Livio Lavelli | ll consulting | 21 marzo 2014
Una volta era banale dare una definizione di manager, il suo ruolo era ben definito all’interno dell’azienda, esistevano manager di funzione, manager in staff o manager di progetto. Gli stessi organigrammi erano per la maggior parte gerarchici e ogni manager copriva una sua casellina e a tutti era chiaro il ruolo che svolgeva.
Il manager era quel direttore o responsabile che doveva gestire il proprio team al fine di raggiungere gli obiettivi preposti o doveva collaborare o coordinare altri manager al fine del raggiungimento degli obiettivi dell’azienda.
Già anni fa ci fu una piccola rivoluzione che non a caso fece crescere non pochi problemi gestionali nonostante l’intento fosse proprio quello di migliorare la gestione e l’organizzazione di progetti rilevanti per l’azienda: l’introduzione del Project Manager. Figura strana che in un organigramma gerarchico si poneva trasversalmente alle funzioni e ciò aveva creato non pochi problemi sulle suddivisioni delle responsabilità e del comando.
Attualmente la figura del manager sta avendo una strana involuzione, le cause sono molteplici mi fermerò però alle più evidenti.
Con questi presupposti la figura del manager a volte non è più ben definita con una corrispondente difficoltà nel collocarla con un ruolo ben preciso nell’azienda. Se non parliamo di Top Management tutto ciò risulta ancora più evidente e si rischia di vedere collocati persone senza la necessaria competenza in ruoli di middle management visti purtroppo in modo estremamente operativo dimenticando il ruolo decisionale, gestionale e organizzativo.
Mi è capitato molte volte di rispondere ad offerte di lavoro od essere contattato per opportunità in alcune aziende sempre per ruoli manageriali. Devo ammettere di essermi trovato a disagio per almeno l’80% dei casi. La maggior parte delle volte si trovano situazioni molto contrastanti come ad esempio:
Altre volte si resta strabiliati nel considerare che prima ancora di richiedere le proprie competenza e valutare la propria professionalità viene chiesto il RAL (Compenso Annuale Lordo percepito e richiesto).
Ma all’azienda serve un manager professionale, competente e con esperienza o un operativo a basso costo? Vista l’attuale situazione nella maggior parte dei casi penso che abbiano in mente la seconda soluzione.
Sembra che tutto non abbia più una misura, queste situazioni rendono chiaro che né le aziende né le società di ricerca di personale abbiano chiaro il ruolo di un manager. Il mercato del lavoro tende al ribasso in crisi economica allora bisogna adeguarsi e cercare al minor costo persone che abbiano un minimo di esperienza per occupare quella posizione senza valutare quali risultati sia in grado di ottenere.
In conclusione possiamo dire che il manager nel mercato del lavoro non ha un ruolo o meglio non è una figura con un ruolo definito.
Partendo dal fatto che le competenze sono l’insieme di conoscenze, esperienza e capacità, l’esperienza ha ancora un valore all’interno dell’azienda? Tutti risponderebbero di si, sappiamo infatti che l’esperienza crescendo fa sue tutta una serie di conoscenze e informazioni spesso informali, che si vivono nel mondo del lavoro affrontando quotidianamente le sfide che vengono naturalmente imposte.
Ma che valore ha oggi l’esperienza? Da quanto si può notare nel mercato del lavoro purtroppo ha un valore molto ribassato. Spesso all’esperienza viene preferito il costo della persona e quindi è naturale scegliere persone con minor esperienza.
Il basso valore dell’esperienza è del resto confermato dal fatto che un’azienda reputa sufficiente un’esperienza di lavoro quinquennale e non prende in considerazione esperienze professionali molto più approfondite delegando i cinquantenni ed oltre al prepensionamento perché ormai a fine carriera e non più utili al mondo del lavoro (come non si conoscesse la riforma Fornero).
Questo atteggiamento va analizzato; resta difficile da capire come mai 25 anni di esperienza lavorativa con competenze di alto livello possano essere relegate al limbo. La società economica può perdere questo valore?
Di fatto lo sta perdendo, questa è la triste realtà che stiamo ogni giorno vedendo, non triste solo per un fenomeno di disoccupazione manageriale, ma soprattutto per l’azienda che perde l’opportunità di utilizzare un immenso valore che potrebbe essere utile al proprio successo.
Che fare? Bisogna fare un’operazione di culturalizzazione nelle imprese per infondere l’idea che esiste un bacino di competenze ed esperienza approfondite a cui attingere in modalità diverse: come dipendenti, come consulenti, come Temporary Manager.
Questo è un bel tema che pochi finora hanno affrontato anche se presente in forma velata nel processo decisionale degli HR manager o negli imprenditori nel momento in cui devono cercare l’assunzione di un manager.
La domanda se vogliamo metterla in forma brutale è: un manager a 40 anni e oltre può ancora essere creativo e portare questa creatività come valore aggiunto nell’azienda? Ha ancora la freschezza necessaria per essere creativo o si è adagiato sulle solide basi delle proprie competenze?
Non c’è una risposta generalizzata, certo dipende molto dal fattore personalità, ma proprio per questo si può definire che la freschezza fa parte di un modus vivendis e pensandi. Una persona può avere freschezza a qualsiasi età e così il contrario. Esistono ad esempio giovani che non hanno nessuna dimestichezza con il computer e l’informatica così come persone meno giovani certo in diversa percentuale.
La creatività se non è un dono che alcuni di noi hanno originariamente può essere una caratteristica che può essere coltivata attraverso l’esercizio del pensiero laterale.
Tutto questo ci fa comprendere come a volte la freschezza come sinonimo di creatività può essere presa come abile scusa per dare in qualche modo giustificazione a scelte a volte forzate da valutazioni economiche ma non completamente condivisibile dal punto di vista lavorativo.
Un manager quanto può essere creativo in un’azienda? Dipende molto dalla direzione dell’azienda, a volte la creatività non è permessa perché l’azienda tende a muoversi sul mercato in maniera conservativa vuoi per un mancato ricambio generazionale, vuoi per paura della crisi economica, vuoi per un atteggiamento tronfio della propria posizione nel mercato (a volte per sopravalutazione).
Quest’ultima considerazione ci fa rendere conto di quanto la creatività sia legata alla vision dell’impresa più che alla freschezza della persona. Certo l’esperienza non deve essere vista come deterrente di creatività.
E’ l’atto finale di questo breve articolo. Tutti sono convinti che le competenze siano una necessità al raggiungimento degli obiettivi aziendali, lo stesso Sistema di Qualità prevede la definizione delle competenze necessarie e del loro bilancio. Molte volte questo concetto resta però solo sulla carta.
In questi anni di crisi economica si è potuto notare un’involuzione di questo concetto, senza per altro che se ne siano valutati gli effetti. Pensare di risparmiare su formazione, sui ruoli direttivi e manageriali possa essere una soluzione è un errore madornale. Significa che un’impresa ha dimenticato di definire una Vision futura ed un piano strategico per raggiungerla. Un’azienda non può essere governata con un diagramma piatto con pochi alti decisori e una sorta di Pangea operativa. Questa scelta significa non governare l’azienda ed essere vittime degli eventi circostanti.
Resta una questione solo di tempo. Vale la pena rivalutare il ruolo del manager, della sua funzione e delle sue competenze.